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IVA sei PARTITA

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IVA è [APPENA] PARTITA …MA VUOLE ANDARE LONTANO

Laura (36 anni ) e Paola ( 29 anni)  si sono conosciute un anno fa, quando una aveva la “P.I. da qualche anno, e l’altra da pochi mesi” ci tengono a sottolineare. Perchè sebbene i loro percorsi lavorativi abbiano avuto tempi e luoghi diversi, e siano stati arricchiti da borse ed esperienze all’estero, la loro identità professionale si riduce ad una sequenza “ che solitamente è un pò uguale per tutti, di stage (anche senza rimborso spese) – ritenuta di acconto – contratto a progetto – iscrizione all’ordine – apertura partita iva – iscrizione inarcassa”.
Il loro incontro è avvenuto sul posto di lavoro, dove con la promessa di un ottima retribuzione è stato chiesto loro di  emettere fattura, rinunciando a tutti i benefici  di un lavoro dipendente: malattia, vacanze, contributi; senza godere di fatto di nessuno dei valtaggi e della flessibilità di cui gode un libero professionista. “abbiamo lavorato senza contratto di consulenza per 5 mesi e visto che le nostre fatture emesse non venivano pagate allo scadere dei 30gg,  abbiamo chiesto un contratto, che ci è stato inviato bel e fatto senza poter procedere a nessuna forma di contrattazione”. Da allora sono passati (non troppo) tempo e più di un lavoro, ma la condizione di libero professionista gli è rimasta addosso, come a  moltissimi loro colleghi. Così nasce IVA.

IVA è partita per unire tutti i giovani architetti ed ingegneri che condividono la condizione di “professionista coatto ”, ma già con il primo passaparola ha trovato riscontro da diverse categorie come geologhi ed archeologi . A dimostrare che tale condizione non è che una altra forma di precariato non censito,  favorito dal vuoto legislativo lasciato tra il  d.lgs. 276/2003, che impedisce l’uso del contratto a progetto “nel caso in cui l’attività prestata dal collaboratore sia attinente all’albo professionale di iscrizione”.

IVA  muove i primi passi. Sa che bisogna cambiare le cose prima di poter tornare a parlare di architettura, ma è necessario avanzare a piccoli passi. Il primo è sicuramente crescere, nel numero e nelle adesioni,  e per questo ha strutturato un questionario che permetterà sebbene in proporzioni ridotte di valutare il polso della situazione.  Una volta consolidata potrà procedere ad azioni concrete, come la manifestazione che si è svolta il 9 Aprile a Roma, ma soprattutto con delle richieste esplicite, una lettera aperta da presentare all’Ordine degli Architetti tanto per cominciare, poi a passo seguirà passo.

IVA vuole andare lontano. E la rete stessa comincia suggerire la direzione, attraverso le esperienze di chi ha lavorato all’ estero e partecipa al blog.
La bussola punta verso nord, il sogno Olandese, con un contratto nazionale per gli architetti , terra promessa in cui  alla precarietà della libera professione corrisponde una congrua remunerazione.
Per trovare la giusta rotta si  segue la traccia lasciata in Spagna dove 4 anni fa un collettivo Arquitectos Explotados nato con gli stessi obiettivi di IVA è riuscito a costituirsi come sindacato ( SaE Sindicato de architectos de Espana) e ad avviare delle trattative.

IVA è un blog per l’architettura. IVA ci racconta che esistono ben 2 sindacati per tutelare i diritti degli architetti, sconosciuti ai più, e che il maggiore di questi, una volta contattato, sembrava ignorare la condizione dei falsi professionisti. Si tratta di un gap generazionale caratterizzato dalla sfiducia e dalla rassegnazione della nostra genezazione Under 40 e alimentato dalla disinformazione. Per questo uno degli obiettivi del blog “è quello di coinvolgere anche i sindacati (architetti/ingegneri) ed avviare un percorso insieme”per ripristinare “il ruolo del sindacato come parte attiva e ritrovare un luogo (tra tanti non-luoghi) di dialogo”. Nella creazione di questa coesione , secondo IVA, svolge un ruolo fondamentale Università, che dovrebbe preparare i  giovani architetti  al loro futuro  professionale non solo dal punto di vista tecnico.
L’attuale condizione di precariato, sopprattutto se rapportata ai tempi dell‘architettura in Italia, di fatto inficia la qualità del lavoro, impedendo una reale competitività dell’ architettura italiana. Per questo per parlare di architettura bisogna prima di tutto parlare di architetti, smettendo di piangere sulla condizione della professione ma agendo e rivendicando dignità.

 

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